Volterra, vento e alabastro
La chiamano la “città del vento”, Volterra, perché se ne sta appollaiata sui rilievi che separano le valli del Cecina e dell’Era. Vista da lontano, infatti, la città toscana emerge dalle balze con uno straordinario impatto visivo: il baratro è vertiginoso, uno spettacolo che rimanda al tempo in cui la voragine ha sgretolato chiese, dimore, abbazie e necropoli etrusche.
Bisogna aspettare il Seicento per assistere al ritorno dell’artigianato alabastrino anche se la sua espansione – qualitativa e quantitativa – è ascrivibile al Settecento. Nell’Ottocento i mercanti-viaggiatori di Volterra iniziarono a vendere le loro opere in tutto il mondo e nel Novecento consolidarono la tradizione, affermandosi nel firmamento artistico mondiale. Sono trascorsi millenni da quando gli Etruschi iniziarono la lavorazione dell’alabastro e ancora oggi a Volterra si lavora l’alabastro nelle botteghe artigiane, segno distintivo di un’arte che si tramanda di generazione in generazione e coronata da una collezione museale che non ha eguali in Italia, l’Ecomuseo dell’Alabastro.
L’Ecomuseo dell’Alabastro nasce da un progetto diffuso nel territorio della provincia di Pisa che coinvolge le principali realtà locali legate alla tradizione artistica e artigianale dell’alabastro: Volterra, Castellina Marittima e Santa Luce. Un unico nome ma con due itinerari ben distinti da percorrere in altrettanti musei: l’itinerario dell’escavazione, documentato nel museo di Castellina Marittima, e l’itinerario della lavorazione dell’alabastro, in scena nel museo di Volterra. Una città d’arte e di pietra, Volterra, da visitare lentamente, percorrendo le sue strade, da cui sovente affiorano conchiglie di rara bellezza.
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Luciana Francesca Rebonato
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