Italia della letteratura: i grandi autori
Eccelso, il patrimonio letterario italiano. Per una panoramica esaustiva si può iniziare a partire dal Duecento, caratterizzato dal movimento poetico “dolce stil novo”, volto alla ricerca di un’espressione raffinata e nobile dei propri pensieri, staccando la lingua dal volgare: nasce a Bologna - Guido Guinizzelli, bolognese di nascita, è considerato il precursore del movimento - e poi si sviluppa a Firenze, città d’origine di quasi tutti i componenti del movimento stilnovistico e i principali autori di questa corrente letteraria sono quasi tutti toscani, incluso Dante Alighieri.
Dante Alighieri (1265-1321) è considerato il padre della lingua italiana ed è l’autore della Commedia, divenuta celebre come “Divina Commedia”, universalmente considerata la più grande opera scritta in italiano, uno dei più grandi capolavori della letteratura mondiale. Giovanni Boccaccio (1313-75) appare meno rigoroso nelle scelte letterarie e più disponibile verso un pubblico borghese, molto spesso protagonista del “Decameron”, specchio dell’attualità dell’epoca, con la caratterizzazione dei singoli personaggi. Francesco Petrarca (1307-74) è il preludio all’età nuova ed è lui il vero precursore del Rinascimento classicheggiante. Con Ludovico Ariosto (1474-1533), Niccolò Machiavelli (1469-1527) e Francesco Guicciardini (1483-1540) la letteratura del Rinascimento tocca il punto più alto di una parabola nata nel fervore del risveglio umanistico: l’“Orlando furioso” realizza la sublimazione della materia cavalleresca, mentre Machiavelli e Guicciardini ampliano le risorse della prosa. Il “Principe” machiavelliano è all’origine di tutta la trattalistica politica moderna e la “Storia d’Italia” di Guicciardini riflette una concezione storica e realistico-pragmatica. Torquato Tasso (1544-95) imprime una sferzata al poema narrativo con la sua “Gerusalemme liberata”. Nel Seicento spiccano Tommaso Campanella (1568-1639) e Galileo Galilei (1564-1642) e verso la fine dello stesso secolo nasce l’Accademia dell’Arcadia, poi nel Settecento i riflettori sono puntati su Cesare Beccaria (1738-94), Pietro Verri (1728-1797) e Carlo Goldoni (1707-1793), quest’ultimo autore della riforma teatrale mentre Vittorio Alfieri (1749-1803) mette in scena tragedie nelle quali esalta l’amore per la libertà e l’odio contro la tirannide. Giuseppe Parini (1729 –1799) fonde armoniosamente l’educazione letteraria più raffinata con un impegno intellettuale e morale che fa proprie le serie esigenze di rinnovamento del tempo.
Vincenzo Monti (1754 –1828) è l’autore più rappresentativo dell’età che vede affermarsi il gusto neoclassico anche in letteratura mentre dal 1815 in avanti al classicismo si oppone il romanticismo, sino al 1870 circa, quando con Giosuè Carducci (1835 - 1907) si torna al classicismo greco-romano. Affonda le sue radici nel gusto dell’età neoclassica ma ne ignora gli irrigidimenti scolastici la poesia di Ugo Foscolo (1178-1827) mentre in Giacomo Leopardi (1798-1837) dominano l’impronta classicheggiante del linguaggio e un’ideologia materialistica. Il massimo rappresentante del romanticismo italiano è Alessandro Manzoni (1785-1873) - con i suoi celeberrimi “Promessi Sposi” -, impegnato nel rendere accessibile la letteratura a tutti gli italiani, sanando una secolare frattura tra lingua parlata e lingua scritta. La corrente degli “Scapigliati” è anticonformista e predilige soffermarsi su temi capaci di scandalizzare il borghese benpensante: illustre esempio è Vittorio Imbriani (1840-1886). Accanto alla Scapigliatura la narrativa del secondo Ottocento conosce l’esperienza verista e con Giovanni Verga (1840-1922) il verismo italiano trova la sua espressione più originale mentre alcuni veristi si fanno interpreti di particolari situazioni regionali, come Grazia Deledda (1871-1936) e la sua Sardegna. Il travaglio tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento coinvolge l’Italia nel decadentismo europeo, soprattutto Gabriele D’Annunzio (1863-1938). Meno clamorosa a prima vista ma più sostanziale è la rivoluzione del linguaggio poetico operata da Giovanni Pascoli (1855-1912) che insieme a Guido Gozzano (1883-1916) si distacca dalla retorica dannunziana e propone soluzioni tematiche e linguistiche ben presenti in molta poesia italiana del Novecento, compreso uno dei sui massimi esponenti, Eugenio Montale (1896-1981). L’influsso del verismo è evidente anche in Luigi Pirandello (1867-1936) così come nell’esordio di Italo Svevo (1861-1928) ma già si notano i sintomi di quel trasferimento dell’analisi dall’esterno all’interno che porterà la sua esplorazione psicologica al di là dei limiti della coscienza.
Esplicita è la volontà di rottura dei futuristi, con Filippo Tommaso Marinetti (1867-1944) come caposcuola. Il movimento dell’ermetismo ha in Giuseppe Ungaretti (1888-1970) un evidente ispiratore e con lui anche Salvatore Quasimodo (1901-68).
La corrente neorealista vede Cesare Pavese (1908-50) e Carlo Levi (1902-75) così come Francesco Jovine (1902-1950), Elsa Morante (1912-1985) e il primo Italo Calvino (1923-85) che si distacca ben presto dal movimento con le sue avventure fiabesche e con storie nelle quali la sperimentazione linguistica si coniuga a uno spirito razional-matematico.
Luciana Francesca Rebonato
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