IL VERBO





Il verbo è la parte variabile del discorso che annuncia le azioni compiute da persone, animali, cose. 

È l’elemento più importante della frase: il centro attorno a cui si organizzano gli altri elementi.

In particolare, il verbo indica:
- un’azione compiuta dal soggetto
- un’azione subita dal soggetto
- un’azione che si riflette su chi la compie
- un avvenimento
- come sono e cosa sono qualcuno o qualcosa
- il fatto che qualcuno possiede qualcuno o qualcosa
- l’esistenza di qualcuno o di qualcosa.

Inoltre, il verbo fornisce informazioni sulla collocazione temporale dell’azione o dell’evento, che può essere accaduto:
- nel passato
- nel presente
- nel futuro

Infine, il verbo indica anche il modo in cui avviene l’azione o l’evento, che può essere considerato come:
- un fatto certo
- un’ipotesi
- un’opinione
- un’impossibilità

- Il verbo concorda con il soggetto e permette di riconoscerlo.

Può essere analizzato in base a:
- l’aspetto morfologico: quindi, la persona, il numero, il modo, il tempo, l’aspetto, la coniugazione;
- la funzione che ricopre rispetto ad altri verbi: ausiliare, servile, fraseologico;
- il genere: transitivo o intransitivo;
- la forma: attiva, passiva, riflessiva.

•    L’aspetto morfologico: la forma del verbo

Anche i verbi sono formati da una radice, che non cambia, e da una desinenza, cioè la parte finale che cambia, racchiudendo molte informazioni.
La desinenza di una voce verbale indica:

La persona e il numero: la persona che costituisce il soggetto può essere formata da:
- la persona che parla, detta prima persona, singolare o plurale: io, noi;
- la persona che ascolta, detta seconda persona, singolare o plurale: tu, voi;
- la persona o la cosa di cui si parla, detta terza persona, singolare o plurale: lui, lei, egli, ella, esso, essa, essi, esse, loro.

Abbiamo dunque tre persone singolari e persone plurali.
Ad esempio: Io mangio. Tu dormi. Lui scrive. Prima, seconda e terza persona singolare.
Noi partiamo. Voi uscite. Essi leggono. Prima, seconda e terza persona plurale.

Il genere: a volte è possibile capire se il soggetto dell’azione è maschile o femminile. Questo succede però solo nel participio e nei tempi composti.
Ad esempio: seduto, seduta, seduti, sedute: è evidente nel participio la variazione per genere e numero.
È partita. È partito. Sono partite. Sono partiti. È evidente la variazione di genere e numero nei tempi composti, come il passato prossimo.

Importante: le desinenze dei verbi, quindi, variano adattandosi al numero, alla persona e al genere del soggetto.

Attenzione: la concordanza del verbo con il soggetto avviene in rapporto alla persona.

Il modo: il modo della voce verbale indica se l’azione o la situazione espresse sono considerate una certezza, una possibilità, una speranza, un dubbio, un ordine.
Ad esempio: mangio (certezza), mangerei (possibilità), mangiassi (dubbio), mangia! (ordine).

In italiano, esistono sette modi: quattro finiti e tre indefiniti.
I modi finiti hanno forme diverse per le persone del singolare e del plurale: il numero e la persona del soggetto sono espressi esplicitamente.
L’indicativo, il congiuntivo, il condizionale e l’imperativo sono modi finiti.

I modi indefiniti hanno una sola forma per tutte le persone del verbo: il soggetto rimane implicito.
L’infinito, il participio e il gerundio sono modi indefiniti.

Il tempo: l’evento espresso dal verbo si può svolgere nel presente, nel passato o nel futuro.

Quando il tempo è presente, l’azione si svolge nel momento in cui si parla.

Ad esempio: Sono in biblioteca a studiare.
Quando in tempo è passato, l’azione è già avvenuta.
Ad esempio: Ieri sono andato in biblioteca a studiare.
Quando il tempo è futuro, l’azione deve ancora avvenire.
Ad esempio: Domani andrò in biblioteca a studiare.

In italiano, i tempi verbali possono essere semplici o composti.
Sono semplici quando sono formati da una sola parola: dormo, giocavo, studierò, mangiai.
Sono composti quando sono formati dall’ausiliare (essere o avere) e dal participio passato del verbo: ho dormito, avevo giocato, avrò studiato, ebbi mangiato.

L’aspetto: indica la durata, l’inizio o la conclusione di un evento o un processo.
Ad esempio: Da bambino giocava sempre a palla: l’aspetto è durativo, perché si intende che il bambino ha giocato a palla per lungo tempo durante la sua infanzia.
All’improvviso si voltò e mi vide: l’aspetto è momentaneo, perché entrambe le azioni si riducono alla durata di un attimo.

La coniugazione: l’insieme delle forme assunte dal verbo secondo il numero, la persona, il modo e il tempo si dice appunto coniugazione. In italiano esistono tre coniugazioni; per individuarle è necessario osservare la desinenza del verbo al modo infinito.

Prima coniugazione: verbi che finiscono in -are, come amare, studiare, mangiare.
Seconda coniugazione: verbi che finiscono in -ere, come sapere, correre, bere.
Terza coniugazione: verbi che finiscono in -ire, come sentire, dormire, capire.
 
Attenzione: i verbi essere e avere non appartengono alle tre coniugazioni sopra indicate, ma hanno una coniugazione propria.

 •    La funzione: i verbi ausiliari, servili e fraseologici

- I verbi ausiliari

Il verbo essere e il verbo avere possono essere usati nel loro significato proprio, quando una persona deve dire chi è (Sono Francesco. Lui è Marco. Loro sono Anna e Marta.), dove si trova (Sono a scuola. Siamo a Milano. Siete al parco?) e cosa possiede (Ho tanti amici. Hai una nuova borsa. Hanno tutti la macchina.)

Il verbo essere e il verbo avere, però, possono anche essere usati come ausiliari, ovvero come “aiuto” a tutti i verbi per formare i tempi composti.
Ad esempio: Ho giocato. Abbiamo dormito. Hai nuotato. Avete mangiato.
                 Sono andata. Siete arrivati tardi. Siamo partiti.
 
Di solito, i verbi transitivi attivi hanno sempre ausiliare avere: Ho giocato. Avevamo rotto.
I verbi riflessivi hanno sempre ausiliare essere: Mi sono lavato. Ti sei pettinato.

Il verbo essere serve per creare la forma passiva di tutti i verbi.

- I verbi servili

Dovere, potere e volere sono verbi servili: si uniscono all’infinito di un altro verbo indicando in che modo avviene un’azione.

Dovere indica la necessità di un’azione: Devo studiare. Dovresti riposare.
Potere indica la possibilità di un’azione: Potrei uscire. Possiamo bere.
Volere indica la volontà: Vuole parlare. Vorrebbe scusarsi.

Di norma, nei tempi composti, assumono l’ausiliare del verbo che accompagnano: Sono potuta andare. Hai potuto dormire. Hai dovuto leggere. Sono dovuta uscire. Abbiamo voluto comprare.

- I verbi fraseologici

I verbi fraseologici si uniscono all’infinito o al gerundio di un altro verbo ed esprimono l’aspetto dell’azione.

 In particolare, indicano:
- l’imminenza di un’azione: Sta per piovere. Si usano a questo scopo le espressioni: stare per, essere per, essere sul punto di.
- l’inizio di un’azione: Comincia a piovere. Si usano a questo scopo le espressioni: cominciare a, mettersi a.
- lo svolgimento di un’azione: Sta piovendo. Si usano: stare + gerundio, andare + gerundio.
- la durata di un’azione: Continua a piovere. Si usano: continuare a, insistere a.
- la conclusione di un’azione: Ha smesso di piovere. Si usano: finire di, smettere di.

•    Il genere del verbo, ovvero verbi transitivi e intransitivi

I verbi transitivi sono quelli che reggono, o possono reggere, un complemento oggetto.
I verbi intransitivi sono quelli che non possono reggere un complemento oggetto.

Il complemento oggetto è direttamente collegato al verbo: risponde alle domande chi? che cosa? e non è introdotto da preposizioni.

Ad esempio:
Maria studia (che cosa?) la grammatica francese.
Studiare è un verbo transitivo, perché regge il complemento oggetto, in questo caso la grammatica francese.

Marta chiama (chi?) la mamma.
Chiamare è un verbo transitivo, perché regge il complemento oggetto, in questo caso la mamma.

Giorgio ha telefonato (a chi?) a Marco.
Telefonare non è un verbo transitivo, perché non regge il complemento oggetto: a Marco, infatti, è un complemento di termine, perché è introdotto dalla preposizione a e risponde alla domanda a chi?.

 •    La forma del verbo: verbi attivi, passivi e riflessivi

Il verbo può avere forma attiva, passiva o riflessiva: la forma indica il rapporto che esiste tra il soggetto e il complemento oggetto.

- Forma attiva
Giovanni lava i piatti: Giovanni compie l’azione ed è il soggetto grammaticale della frase.
Tutti i verbi hanno la forma attiva.
Ad esempio: Marta mangia la mela. Luca studia italiano. Marco scrive una lettera.

- Forma passiva
I piatti sono lavati da Giovanni: Giovanni compie l’azione, ma non è il soggetto grammaticale della frase. I piatti sono il soggetto della frase e subiscono l’azione di essere lavati.
Solo i verbi transitivi possono avere la forma passiva e la forma riflessiva.
Ad esempio: I cani sono seguiti dai bambini. Le galline sono allevate dalla nonna. La luce fu spenta dalla mamma.

- Dalla forma attiva alla forma passiva: come fare?

1.    Analizzare la voce verbale da volgere al passivo.
2.    Coniugare il verbo essere allo stesso modo e allo stesso tempo del verbo analizzato.
3.    Aggiungere il participio passato del verbo di partenza, concordato in genere e numero al soggetto.

Ad esempio:
io mangio           →      io sono            +        mangiato                    io sono mangiato
verbo mangiare            verbo essere              verbo mangiare                 verbo mangiare
tempo presente           tempo presente           tempo passato                  tempo presente
modo indicativo           modo indicativo            modo participio                 modo indicativo
forma attiva                                                                                     forma passiva

- Dalla forma passiva alla forma attiva: come fare?

1.    Analizzare la voce del verbo essere che forma la voce verbale passiva.
2.    Individuare l’infinito del verbo coniugato al participio
3.    Coniugare quest’ultimo verbo nel modo, nel tempo e nella persona del verbo essere.

io ero ascoltato            io ero          +         ascoltato              io ascoltavo
verbo ascoltare                 verbo essere           verbo ascoltare           verbo ascoltare
modo indicativo                 modo indicativo        modo participio           modo indicativo
tempo imperfetto               tempo imperfetto      tempo passato           tempo imperfetto
forma passiva                                                                             forma attiva

- Forma riflessiva

Giovanni si lava: l’azione compiuta dal soggetto ricade sul soggetto stesso; in altre parole, soggetto e complemento oggetto coincidono.
Il complemento oggetto è sempre espresso da un pronome personale atono: mi, ti, si, ci, vi, si.
Ad esempio: Maria si pettina. Marco e Chiara si abbracciavano. Adesso ci facciamo una bella doccia!

•    Il si passivante e il si impersonale

La forma passiva del verbo può essere costruita anche con la forma attiva del verbo in questione preceduto dal si passivante.
Ad esempio: I libri si leggono in biblioteca.

- Si utilizza esclusivamente un soggetto di terza persona, singolare o plurale.
Ad esempio: In Italia si legge in media un libro all’anno.
                 In Italia si leggono in media tre libri all’anno.

- L’ausiliare è sempre essere.
Ad esempio: L’anno scorso si sono letti ancora meno libri.

I verbi possono essere in maniera impersonale usando la particella si e il verbo alla terza persona singolare.
Ad esempio: Si va al mare. Si corre sulla spiaggia. Si gioca a pallone.

- L’ausiliare è essere.
Ad esempio: Si è andati in spiaggia.

- Nelle concordanze, di solito si usa il plurale maschile.
Ad esempio: Si è felici per la vittoria.

- Con i verbi riflessivi o pronominali si aggiunge la particella ci.
Ad esempio: Ci si vede domani.

 
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